Ero donna
(prigioniera a Ravensbrück) È una scia di inutilità il fiato che si addensa sciolto nel buio di un’alba abortita Di noi restano scarti di sogni una fuliggine di profumo una ballata in abito da sera una patina di cipria sulle guance Donne svuotate di donne che traboccano sillabe anonime senza nome sulla bocca Dov’è il bianco del bucato di luce? Dov’è l’abbraccio del figlio paffuto? Dov’è il suono della luna che innamora? Il niente riveste questo corpo di femmine immolate al niente e il niente ci torce i capelli di stoppa che piangono le trecce sul terreno orfane di linfa e pigmenti nell’inconsistenza che brucia È un passato di voci lontane il cuore che trabocca vomito e stanchezza e raccoglie due fiori ai margini della memoria cruda senza le mani tese del miracolo a chiudere un album fitto di terrore troppo gonfio di immagini di carne Chi sono in questo fango privo d’occhi? Due giri di pelle il mio vestito rattoppato con sangue e cicatrici e i lividi sono tulle bianco di un abito da sposa per la tomba Un cerchio di fiori immaginari preme spine e ricordi sulla testa calva Ero donna |